Un immobile che debba essere demolito o soggetto a lavori di restauro o ampliamento, richiede che il proprietario comunichi all’amministrazione competente l’intenzione ad avviare i lavori, tramite specifiche procedure.
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- Le tempistiche della DIA e della SCIA
- Validità della SCIA e della Segnalazione di inizio attività
- Cosa segnare nella DIA
- La SCIA sostituisce la DIA: semplificazione o no?
- Origini e motivazioni del condono Edilizio
- A livello burocratico quali sono i passaggi da espletare per avviare un'attività commerciale?
- Documentazione relativa alla super DIA
Le differenze tra la Denuncia di inizio lavori (DIA) e la Segnalazione certificata di inizio delle attività (SCIA) non riguardano solo i tempi di attesa, ma anche i casi specifici in cui ciascuna di esse è richiesta.
La DIA è necessaria quando:
- L'opera è soggetta a vincoli paesaggistici o culturali;
- Si verifica un cambiamento nella volumetria o nella sagoma della struttura.
Invece, la SCIA è richiesta per lavori che prevedono:
- Restauro, messa in sicurezza dell'edificio e recupero della capacità strutturale;
- Accorpamento o divisione di unità abitative;
- Costruzione di parcheggi;
- Inserimento di nuove finestre.
Tuttavia, è importante ricordare che, anche per i lavori nell'elenco appena citato, sarà necessario presentare una DIA se l'opera comporta un cambiamento sostanziale nella struttura dell'immobile.
In sintesi, le differenze tra DIA e SCIA riguardano sia le tempistiche sia i casi specifici in cui ciascuna procedura è applicabile. Per determinare quale procedura sia più adatta al proprio progetto, è importante considerare sia la natura dei lavori sia eventuali vincoli paesaggistici, culturali o strutturali.
L’articolo 49, comma 4-bis del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha rimpiazzato la Dia con la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (Scia).
Con la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, è ora possibile operare immediatamente dal giorno seguente alla consegna del documento al Comune dove è situato l'immobile da ristrutturare.
L'Ente intanto avrà a disposizione sessanta giorni per verificare la regolarità dei documenti e dei lavori; dopo tale periodo il Comune potrà sospendere le attività di ristrutturazione solo in caso di gravi e rilevanti pericoli a persone o cose di dominio pubblico.
Le tempistiche della DIA e della SCIA
La "Denuncia di inizio lavori" (DIA) e la "Segnalazione certificata di inizio delle attività" (SCIA) sono due procedure amministrative che devono essere presentate presso l'Ufficio Tecnico comunale. Sebbene entrambe siano necessarie per avviare determinate attività, presentano alcune differenze chiave.
La differenza principale tra DIA e SCIA riguarda i tempi di attesa e le modalità di approvazione. La DIA richiede un periodo di 30 giorni per essere accettata, durante il quale i tecnici esaminatori possono richiedere ulteriori documenti o bloccare il progetto. Invece, con la SCIA, le attività possono essere avviate immediatamente, ma è importante tenere presente che il Comune disporrà di 60 giorni per richiedere eventuali modifiche o la cessazione delle attività in corso.
In sintesi, sia la DIA che la SCIA sono procedure amministrative necessarie per l'avvio di specifiche attività, e devono essere presentate presso l'Ufficio Tecnico comunale. Tuttavia, le due procedure presentano differenze significative in termini di tempi di attesa e modalità di approvazione.
Validità della SCIA e della Segnalazione di inizio attività
Com'è stato già chiarito, la Denuncia di Inizio Attività è ancora attiva anche se i suoi ambiti di utilizzo sono stati ridotti.
Precedentemente, la Dia era utilizzata per la ristrutturazione degli appartamenti, demolizione e risanamento di edifici. Oggi il suo utilizzo rimane solo negli ambiti in cui è previsto un esborso di oneri concessori, anche se sempre più spesso viene sostituita dalla Super Dia.
Le opere possibili tramite la segnalazione certificata Scia sono molto più numerose nella tipologia: manutenzione straordinaria, legate a parti strutturali della casa, nonché ad aumento dei parametri e del numero di immobili; opere di restauro e di risanamento conservativo; opere di qualsiasi tipo che necessitino di assensi dagli organi di tutela paesaggistica o monumentale, con assenso da consegnare in allegato. Continua a leggere il nostro articolo per scoprire la validità della SCIA.
Chi presenta la SCIA
La Scia va presentata dal possessore dell'abitazione, o da chi ne fa le veci, e deve contenere documenti attestanti le prerogative previste per legge atte alla ristrutturazione; è quindi necessario, prima delle verifiche dell'ente, far valutare a tecnici autorizzati lo stato dell'immobile.
Qualora venissero omessi dettagli o falsificati i canoni di conformità alla legge, sono previste sanzioni di natura penale con reclusione da uno a tre anni.
I documenti che accompagnano la segnalazione certificata Scia sono:
- Una relazione di un tecnico professionista imparziale e abilitato
- Elaborati grafici
- Il Durc
- Diritti di segreteria
In caso di abitazione sotto vincoli di natura culturale, ambientale, paesaggistica ecc, è indispensabile, al fine di ottenere la Scia, una licenza o autorizzazione fornita dall'ente preposto che può essere l'Asl, il Genio Civile o lo stesso Comune.
Si ricorda che il Documento unico di regolarità contributiva ed è una dichiarazione dell'impresa circa la regolarità della sua posizione nei confronti degli istituti Inps, Inail e Cassa Edile.
Il Durc dev'essere richiesto da tutte le imprese ed è obbligatorio: nel caso in cui, dopo la domanda gli istituti preposti valutassero la posizione delle aziende irregolare, queste non potrebbero dare inizio ai lavori sino a quando non avranno rimediato alle incongruenze.
La validità della SCIA è di tre anni, come per la DIA, e viene applicata dagli Enti locali che non ammettono nella propria giurisdizione quest’ultima forma di autodichiarazione edilizia. La SCIA è infatti un’autodichiarazione che va compilata su un apposito modulo da un professionista del mestiere e consegnata in Comune, anche attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno.
I lavori possono iniziare subito dopo che il Comune abbia depositato la segnalazione tramite SCIA. Le opere possibili tramite la SCIA sono: manutenzione straordinaria, legate a parti strutturali della casa, nonché ad aumento dei parametri e del numero di immobili; opere di restauro e di risanamento conservativo; determinate opere di ristrutturazione edilizia, che non comportino aumento delle unità immobiliari, modifiche volumetriche e variazioni nelle destinazioni d’uso; opere di qualsiasi tipo che necessitino di assensi dagli organi di tutela paesaggistica o monumentale, con assenso da consegnare in allegato.
La SCIA, ai sensi del decreto legislativo numero 70 del 2011, è dunque applicabile anche agli immobili che possiedono dei vincoli storici, culturali o paesaggistici, purché sia presente il modulo di assenso ed escludendo i casi in cui in cui tali strutture non possano essere concesse ad altri. Nei casi di immobili in zone sismiche serviranno infine serviranno documenti che attestino il pieno rispetto delle norme relative.
Costi e sanzioni
Le sanzioni previste durante la validità della SCIA dovrebbero essere le stesse di quelle della DIA. I Costi della SCIA dovrebbero essere nulla, anche se spesso vengono richiesti dei pagamenti legati al trattamento della pratica.
La documentazione da presentare
Oltre a questo deve essere presentato un progetto che sia conforme alle leggi in materia di edilizia e a norma di sicurezza. Altri dati richiesti sono il nominativo del proprietario dell’immobile e della ditta lavoratrice.
Ultimi aggiornamenti: cosa cambia?
Con il Decreto 133/14, entrato in vigore a settembre, cambiano diverse procedure per ciò che concerne l’edilizia e le ristrutturazioni. L’interno governativo è quello di dare nuova linfa a un settore andato in crisi negli ultimi anni, visto che molti immobili sono rimasti invenduti generando così un periodo di stagnazione da ambo i lati, sia dalla parte dei proprietari che di coloro che dovevano comprare o affittare casa.
Con le nuove norme la Segnalazione certificata di inizio delle attività prende il posto a tutti gli effetti della Denuncia di inizio lavori, che rimane in uso solo per quanto riguarda la sostituzione dell’autorizzazione per costruire. La Scia sarà valida anche per le modifiche minori, a patto che vengano rispettate le norme urbanistico-edilizie e avvengano dopo che siano stati ottenuti gli eventuali atti.
Il testo del decreto varato dal Governo tocca anche altri temi inerenti questo settore, come la riqualificazione urbana, la deroga alle norme urbanistiche, la proroga per quanto riguarda i termini edilizi, il contributo di costruzione, le autorizzazione nella conferenza dei servizi e i permessi paesaggistici.
Come detto prima, con questa legge si vuole fare crescere il settore dell’edilizia che è rimasto fermo a causa della crisi economica. Infatti i proprietari e gli imprenditori sono stati bloccati per le case invendute, dovuta alla disoccupazione e ai licenziamenti che non hanno permesso alle persone di acquistare casa, o comunque di affittarla. Le condizioni per chiedere un mutuo infatti si sono fatte più stringenti e senza i requisiti necessari, come la busta paga o altre garanzie, l’istituto di credito non concede più prestiti. La conseguenza di tutto ciò è la stagnazione attuale, con case invendute e cittadini che non possono permettersele.
Sono state previste anche delle regole per una detrazione fiscale a chi acquista e poi affitta casa: la pressione fiscale infatti è un altro dei problemi endemici del nostro Paese e con questa misura le istituzioni hanno cercato di dare un incentivo per aumentare la crescita del settore. Tutto però parte dal problema lavoro: solo diminuendo la disoccupazione e quindi aumentando i posti di occupazione, i cittadini potranno permettersi più spese e farsi carico di un acquisto di una casa, cosa che al momento appare più una chimera che un sogno realizzabile in breve tempo.
I campi di utilizzo della denuncia di inizio delle attività
Come sancito dall’articolo 22 del decreto 380/2001, la DIA è una dichiarazione che permette la costruzione di due tipologie di immobili:
gli edifici che non sono compresi nell’edilizia libera (come sancito dall’articolo 6);
le strutture non incluse nel permesso a costruire (si veda l’articolo 10);
Nei casi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione e restauro conservativo, si deve utilizzare invece la Comunicazione di inizio dei lavori. Sebbene la dichiarazione della DIA abbia visto nel tempo una progressiva sostituzione per mezzo di pratiche di nuova istituzione, alcune regioni ne hanno rinnovato l’utilizzo arricchendola con una serie di funzioni.
Oltre a questa espansione delle sue funzioni, la “super pratica” sostituisce, nelle regioni che lo consentono, il Permesso di Costruire.
Con quella che è chiamata “Super DIA”, è possibile realizzare lavori edili di nuova costruzione nelle realtà regionali che l’abbiano consentita, andando a rimpiazzare il “Permesso di costruire”.
Cosa segnare nella DIA
L’Ente che esamina la dichiarazione della DIA è l’Ufficio Tecnico del Comune nel quale si intende avviare il cantiere; perché i tecnici giudichino favorevolmente il progetto, il documento deve contenere necessariamente:
la firma del professionista che l’ha scritta, con la quale dichiara che i lavori sono a norma e scarica l’amministrazione della responsabilità in caso di irregolarità;
- l’elenco puntato dei lavori, con annessa la normativa che consente ogni fase;
- uno schema grafico che mostri l’opera allo stato attuale e a lavori ultimati.
- una dichiarazione con la quale il firmatario si assume la responsabilità del cantiere.
- la rappresentazione grafica che mostri l’immobile prima e dopo i lavori che si desidera svolgere;
- la scaletta dei lavori con annessi i riferimenti normativi che lo permettono.
Documenti da allegare
Diversamente da altri atti, la dichiarazione della DIA non richiede un esplicito benestare dagli esaminatori ma si considera approvata, per tacito accordo, allo scadere del trentesimo giorno dalla consegna del testo. Insieme alla Denuncia di inizio delle attività vanno allegati:
- una dichiarazione del proprietario dell’immobile che attesti la volontà ad avviare il cantiere;
- il DURC;
- i contatti dell’impresa che effettua i lavori.
Il D.P.R 380/2001, sotto il nome di Testo Unico per l’Edilizia, ha posto in essere una serie di norme atte a disciplinare questo genere di operazioni sul territorio di competenza delle varie amministrazioni. Tra le pratiche maggiormente utilizzate figura quella della denuncia di inizio delle attività, un atto fondamentale per poter procedere con l’edificazione di nuovi edifici.
La modulistica della DIA, scaricabile praticamente dai siti di tutti i comuni d’Italia, include tutti i dati necessari a poter avviare i lavori di ristrutturazione, restauro e demolizione di un immobile, purché siano previsti da un piano regolatore.
Nel redigere e consegnare la Dichiarazione di inizio delle attività è bene non lasciare nulla al caso, in quanto un’inesattezza dei dati potrebbe portare gli esaminatori a richiedere ulteriori informazioni, la modifica del progetto o a impedire l’avvio dei lavori. Con le leggi emanate nel 2010 e nel 2011, ha perso valore questa dichiarazione, perchè per un risparmio di burocrazia, è stata inglobata nella SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e nella CIL (Comunicazione Inizio Lavori): rimane sostanzialmente uguale la relazione del perito mentre è stato azzerato il tempo di attesa che prima era uguale a trenta giorni per aspettare l’eventuale risposta del Comune.
La modulistica della DIA deve essere depositata nell’Ufficio Tecnico del Comune in cui si trova l’immobile su cui si intende lavorare; secondo il D.P.R. 380/2001, la Dichiarazione di inizio delle attività deve contenere:
- la firma di chi ha eseguito il progetto, insieme ad una sua dichiarazione in cui si assume la responsabilità sul fatto che siano rispettate tutte le norme previste (svincolando da questo onere la Pubblica Amministrazione);
- uno schema grafico che mostri chiaramente le differenze tra lo stato attuale e l’opera compiuta;
- un’agenda dei lavori con elencate le varie norme che li garantiscono.
Oltre a questi documenti prettamente tecnici, nella modulistica della DIA vanno inclusi:
- la domanda di avvio dei lavori, fatta da chi possiede l’immobile;
- il DURC (Documento unico di regolarità contributiva);
- i riferimenti dell’azienda che effettua i lavori.
Campi di utilizzo della DIA
L’articolo 22 del D.P.R. 380/2001 individua i casi in cui si può utilizzare la modulistica della DIA per poter avviare i lavori; la denuncia è valida quando il cantiere interessa:
- le strutture che non riguardano l’edilizia libera;
- quelle non incluse nel permesso di costruire.
Nei casi di ristrutturazione e manutenzione straordinaria e restauro conservativo, alla DIA si va a sostituire la CIL (Comunicazione di inizio dei lavori).
Tempi di accettazione della DIA
Una volta che la modulistica della DIA è stata consegnata, gli operai potranno iniziare la loro attività solo dopo 30 giorni dal deposito della Denuncia, in modo da consentire ai tecnici comunali di valutare se il progetto sia a norma di legge.
Qualora dovesse risultare tutto regolare il Comune non manderà alcun comunicato: la Denuncia si considera infatti accettata per tacito assenso una volta scaduto il termine mensile.
DIA: le modalità per la dichiarazione in comune
La DIA, o Denuncia di inizio delle attività, è un documento che va presentato presso ufficio tecnico del comune nel quale si intendono effettuare determinati tipi di lavori edili. La normativa che regola i campi di applicazione, l’iter per la consegna e le tempistiche per il suo accoglimento è sancita dal D.P.R. 380/2001, che prende il nome di Testo Unico per l’edilizia.
Il Decreto è stato studiato per porre un freno all’incremento del fenomeno dell’abuso edilizio e prevede che ogni cantiere superi una serie di controlli che ne verifichino la fattibilità.
Casi in cui va redatta
L’articolo 22 del Testo Unico prevede la consegna della DIA in comune quando si ha a che fare con:
- immobili esclusi dall’edilizia libera (articolo 6);
- immobili esclusi dal permesso a costruire (articolo 10).
Si adopera invece il Permesso a costruire nei casi di:
- manutenzione straordinaria;
- restauro conservativo;
- risanamento conservativo.
I contenuti
Quando ci si accinge a presentare la DIA in comune, è bene accertarsi che sia completa in ogni suo aspetto; per essere valida è infatti necessario che contenga:
- l’assunzione di responsabilità da parte di un professionista abilitato (come un ingegnere, geometra o architetto), corredata di sua firma;
- un progetto dei lavori in veste grafica che includa, punto per punto, le norme che autorizzano le varie opere;
- un ulteriore rappresentazione che mostri l’immobile prima dell’inizio del lavoro e come sarà al termine dell’intervento.
Il comune richiede, oltre alla DIA, che siano allegati alla dichiarazione i seguenti documenti:
- una dichiarazione firmata dell’intestatario dell’immobile, che abbia come oggetto la sua volontà all’effettuazione dei lavori;
- il Documento unico di regolarità contributiva (detto DURC);
- i recapiti della ditta responsabile del cantiere.
Consigliamo, a quanti volessero scaricare la modulistica per la DIA, di visionare la sezione dedicata del sito del Comune di Roma
L’accettazione: il silenzio-assenso
Una volta che la DIA è stata accettata dall’Ufficio Tecnico del comune, i periti dell’amministrazione hanno 30 giorni di tempo per appurare la regolarità del piano edile; nel caso dovessero riscontrare anomalie, il progettista potrebbe essere obbligato a modificare il suo lavoro o a rinunciarvi.
Ila dichiarazione si considera approvata secondo la formula del cosiddetto “silenzio-assenso” in base alla quale, scaduto il termine, si può procedere con il cantiere senza che si renda necessaria una comunicazione.
La SCIA sostituisce la DIA: semplificazione o no?
Dall’entrata in vigore della legge 122/2010 la DIA è stata sostituita dalla SCIA, ossia la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Si tratta di un modulo unico valevole in tutto il paese, che può essere fornito anche in forma telematica. É stato introdotto con l’intento di semplificare la procedura di comunicazione di inizio, modifica o cessata attività edilizia e anche la tempistica di verifica a cura degli organi competenti, dal momento che sarà anche un unico ufficio ad occuparsi delle pratiche. Alla consegna del modulo compilato viene rilasciata una ricevuta in cui sono riportati anche i termini secondo cui l’amministrazione deve fornire una risposta, oltre i quali è valevole il silenzio assenso.
Altra importante novità che agevola ulteriormente l’iter, è quella che i lavori possono essere avviati nello stesso giorno in cui viene presentata al comune di appartenenza la domanda, evitando così l’attesa di 30 giorni che invece era prevista con la DIA. Il mese successivo resta a disposizione del comune per effettuare tutte le verifiche del caso, con la possibilità di richiedere l’interruzione dei lavori avviati in caso di irregolarità accertate. Una volta trascorso questo tempo non è più possibile bloccarli, tranne in casi particolari (rischi per la sicurezza sia di persone che del patrimonio). Anche la SCIA deve essere presentata corredata di documenti come: progetto dell’intervento, dichiarazione di conformità e nulla osta previsti dalla legge (per questi ultimi non è prevista l’autocertificazione).
La SCIA tardiva e in sanatoria
É possibile consegnare il modulo SCIA anche una volta che i lavori sono stati già avviati. In questo caso si parla di SCIA tardiva, in cui si dichiara quanto avvenuto e a cui va aggiunto il pagamento di una multa che in genere si aggira intorno ai 500 euro. Se invece si tratta di lavori già finiti e mai dichiarati, è necessario oltre al pagamento della sanzione, anche una verifica specifica di idoneità.
Bonus mobili: ecco come ottenere le detrazioni
Il bonus mobili ed elettrodomestici 2021 permette sicuramente di rinnovare il proprio appartamento ottenendo, in caso di ristrutturazione edile, una detrazione IRPEF pari al 50%.
Da quest’anno, l’importo massimo detraibile non è più di 10.000 euro ma di ben 16.000 euro IVA inclusa, ricordiamo inoltre che il limite si riferisce alla singola unità: qualora foste proprietari di più immobili e aveste deciso di ristrutturarne più di uno potrete ottenere più bonus.
Per quanto riguarda i requisiti necessari per l’ottenimento di tale detrazione dovrete per prima cosa acquistare mobili ed elettrodomestici a seguito di una ristrutturazione e devono essere nuovi. Per quanto riguarda gli elettrodomestici è doverosa la specifica relativa alla classe energetica, questa non deve infatti essere inferiore alla A+, ad eccezione dei forni che possono appartenere alla classe A. Un vantaggio riguarda sicuramente il fatto che nella detrazione sono comprese anche le spese relative al trasporto ed al montaggio degli elementi acquistati. Per rientrare nell’agevolazione, i lavori di ristrutturazione devono essere opportunatamente dichiarati tramite CILA, SCIA o DIA o eventuale autocertificazione qualora interessassero l’edilizia libera. Affinché si possa usufruire di questa specifica detrazione, i lavori dovranno essere stati avviati dopo il primo gennaio 2019, altrimenti rientrerete in detrazioni pari a cifre inferiori di 16.000 euro.
I documenti necessari per ottenere il bonus
Alla presentazione della dichiarazione dei redditi al documento dovrete allegare i seguenti documenti:
- Il codice fiscale dell’acquirente;
- Scontrino o fattura d’acquisto, oltre che l’indicazione della natura, della qualità e della quantità dei beni e dei servizi di cui si intende usufruire;
- Ricevuta del bonifico o della carta di credito: i pagamenti dovranno essere effettuati tramite bonifico (bancario o postale che sia) in cui dovrà apparire chiaramente la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione o del destinatario del bonifico ed il numero di partita IVA.
Ricordiamo che è possibile rateizzare il pagamento scegliendo una società finanziatrice che si preoccupi di effettuare il pagamento nelle stesse modalità: o tramite bonifico o tramite carta di credito, assicurandosi che l’acquirente abbia una copia della ricevuta del pagamento.
- Dichiarazione di ristrutturazione e quindi tramite CILA, SCIA o DIA
- Titolo abilitativo di tipo comunale che indichi la data di inizio dei lavori (o una dichiarazione sostitutiva legittima).
Vi consigliamo dunque di approfittare di questo grande vantaggio in modo tale di migliorare il vostro appartamento ma anche aumentare il risparmio quotidiano, oltre che essere più sostenibili.
Inglobata nella SCIA
I recenti decreti in materia edilizia (legge n.122 del 30 luglio 2010 e il Decreto legge 70/2011) hanno parecchio limitato la portata della Denuncia di Inizio Attività. Nella legge del 2010, infatti essa è stata incorporata nella SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) mentre il Decreto legge dell’anno seguente modifica alcuni contenuti del Testo Unico sull’edilizia. La Denuncia di Inizio Attività, che esisteva dal 1985 con la famosa legge che diede l’inizio al primo condono edilizio, è stata continuata ad essere richiesta in alcuni Comuni anche dopo l’entrata in vigore di queste due disposizioni governative, il che ha generato soltanto caos e fraintendimenti proprio da quegli amministratori che dovrebbero essere aggiornati sui cambiamenti di legge in materia.
Con l’incorporazione della DIA nella SCIA, sono cambiati alcuni passaggi sulla tempistica mentre il fatto di una relazione dei tecnici è rimasta pressochè uguale perchè già prima dell’avvento di queste due nuove leggo, le relazioni tecniche erano abbastanza similari da presentare per entrambi i certificati.
Con la nuova legge, però, non esiste più il termine dei trenta giorni da aspettare per la Denuncia di Inizio Attività (valeva il principio del silenzio-assenso) visto che si possono iniziare i lavori sin da quando si presenta la documentazione al Comune. Naturalmente, in luoghi dove sono previsti dei vincoli, è necessario richiedere i permessi alle autorità e agli Enti preposti.
Ecco la lista di interventi per i quali valeva la Denuncia di Inizio Attività, ora diventata SCIA o CIL:
- operazioni di restauro
- eliminazione barriere architettoniche
- variazioni al permesso per costruire, senza un aumento di volumi o superfici
- zone di attività sportiva, senza aumento di volumi
- attuazione di gazebo, locali piccoli o tettoie aperte
- installazioni di opere tecnologiche, come pannelli solari o impianti fotovoltaici.
Origini e motivazioni del condono Edilizio
Le origini del condono edilizio possono essere rintracciate nel desiderio di sanare situazioni di illegalità edilizia, promuovendo la regolarizzazione delle costruzioni. Le motivazioni possono essere diverse: la volontà di tutelare gli interessi dei proprietari, la necessità di evitare situazioni di degrado, la volontà di rilanciare il settore edilizio o la semplificazione delle procedure amministrative.
Spesso, il condono edilizio si basa su una temporanea sospensione dell'applicazione delle sanzioni e sul pagamento di una multa proporzionata alle dimensioni e alla gravità dell'abuso commesso. Ciò permette ai proprietari di regolarizzare la loro situazione senza incorrere in sanzioni più severe o nella demolizione delle costruzioni abusive.
Effetti e controversie
Gli effetti del condono edilizio possono essere molteplici. Da un lato, permette la regolarizzazione di situazioni di illegalità, portando alla luce costruzioni che potrebbero essere state realizzate senza rispettare le normative vigenti. Dall'altro lato, il condono può essere visto come un incentivo all'illegalità edilizia, creando un precedente e incoraggiando nuovi abusi.
Inoltre, il condono edilizio può creare controversie dal punto di vista della giustizia e dell'equità. Chi ha rispettato le norme e ha ottenuto le autorizzazioni necessarie per la costruzione potrebbe sentirsi penalizzato rispetto a chi ha commesso abusi edilizi e ha successivamente beneficiato del condono.
L'abusivismo alle origini del concetto di Condono?
Una delle piaghe che purtroppo attanaglia l’Italia ormai da anni. Figlio di una mentalità furba e guascona, il reato in questione si diffonde soprattutto nelle zone che fanno del Turismo la propria arma vincente. L'abusivismo edilizio è dunque un reato che minaccia da molto tempo il nostro paese. In Italia ha assunto proporzioni tali da attribuirsi rilevanza sociale (è dopo la seconda guerra mondiale che si sono sviluppati i primi fenomeni di edificazione abusive).
Negli anni ’60 (il boom ha portato anche fenomeni negativi) si afferma una corsa alla seconda casa che porta l’italiano medio ad affidarsi a personaggi poco raccomandabili. Nel decennio successivo non furono più fattori culturali a far crescere la domanda di seconde case ma la vera e propria emergenza di mettere al sicuro i propri risparmi.
Negli anni ’70 vennero edificate in maniera abusiva un numero molto elevato di seconde case. Costruire velocemente costituiva una risposta alla caduta del potere d'acquisto (furono tantissime le abitazioni fabbricate senza licenze o concessioni edilizie). L'abusivismo edilizio non fu necessario ai soli ceti deboli ma allargò il proprio fascino anche al ceto medio. I riflessi sull'economia italiana furono davvero importanti (molti disoccupati trovarono dei nuovi posti di occupazione).
L'abusivismo delle seconde case fu infine la causa dello sviluppo in Italia di tematiche ambientalistiche. Il disordine aveva contraddistinto il paesaggio con segni incancellabili. L'esigenza di difesa del territorio divenne di massima urgenza.
Questo portò alla necessità del condono edilizio.
Differenza con la sanatoria
Sebbene le discipline siano simili, è corretto cercare di dissipare i dubbi sull'equipollenza dei due istituti.
La Sanatoria è un provvedimento amministrativo consentito dalla disciplina urbanistica vigente. È disciplinato dal Testo Unico dell'Edilizia e, affinché possa nascere, occorre che gode del requisito della doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento dell'atto illegale e, poi, della domanda.
Questo significa che, se in un preciso momento un costruttore opera, ad esempio, la costruzione non conforme ai regolamenti di un piano su un immobile pre-esistente, questi potrà chiederne la sanatoria solo quando, al momento della domanda, il regolamento comunale sia cambiato permettendo invece questo tipo di operazioni.
Quindi non è possibile richiedere la sanatoria in tutti i casi, ma solo quando la disciplina relativa aggiornata contempla l'opera messa in questione.
È utile sapere che, qualora si ottenga la sanatoria, è necessario pagare il doppio di quanto il Comune avrebbe richiesto per realizzare la modifica o la costruzione.
Il condono edilizio, invece, è una legge speciale caratterizzata dall'annullamento parziale o totale della pena. Funziona solo in precisi e stretti contesti temporali. Come controparte, occorre versare un'oblazione – anche piuttosto interessante – allo Stato.
Ad oggi, si sono succeduti tre periodi di condoni, nati dalle leggi n. 47 del 1985, la n. 724 del 1994 e dalla n. 326 del 2003.
Da quel momento, invece, non sono stati più dichiarati condoni.
Presentare la richiesta di Condono
Fatto presente che, ad oggi, non è possibile presentare più richiesta di condono edilizio, nelle passate occasioni la domanda veniva inviata al Comune competente per territorio al rilascio della sanatoria.
La mole di documenti da presentare era ingente:
- Ricevuta del pagamento dell'oblazione
- Ricevuta del pagamento del contributo di concessione
- Documentazione che attestasse il carattere abusivo dell'opera
- Documentazione concernente i requisiti di chi faceva domanda
A quest'ultimo proposito, poteva ottenere il condono:
- Proprietari
- Affittuari
- Eredi
- Acquirenti
- Direttori dei lavori
- Impresa edile
Il Comune poteva rispondere con esito negativo o positivo – dopo un esame – oppure utilizzato l'istituto del “silenzio – assenso” che scattava dopo 24 mesi dalla presentazione della domanda.
A livello burocratico quali sono i passaggi da espletare per avviare un'attività commerciale?
Avviare un'attività commerciale comporta una serie di passaggi burocratici, che possono variare a seconda del paese e della specifica natura dell'attività. Ecco una panoramica generale dei passi comuni in molti contesti:
- Pianificazione Aziendale: Prima di tutto, è fondamentale elaborare un piano aziendale dettagliato, che includa analisi di mercato, pianificazione finanziaria, strategia di marketing e un piano operativo.
- Scelta della Forma Giuridica: Decidere la forma giuridica dell'azienda (es. ditta individuale, società a responsabilità limitata, società per azioni, ecc.). Ogni forma ha implicazioni legali e fiscali diverse.
- Registrazione del Nome Aziendale: Registrare il nome dell'attività presso l'autorità competente per assicurarsi che sia unico e non violi i marchi registrati esistenti.
- Licenze e Permessi: Ottenere tutte le licenze e i permessi necessari per operare legalmente. Questo può includere licenze commerciali, sanitarie, ambientali, ecc.
- Registrazione Aziendale: Registrare l'azienda presso l'ente governativo appropriato. Questo processo può includere la registrazione presso la camera di commercio, l'ufficio delle imposte e altri enti regolatori.
- Codice Fiscale e Partita IVA: Ottenere un codice fiscale e, se necessario, una partita IVA. Questi sono essenziali per le questioni fiscali e di fatturazione.
- Conto Bancario Aziendale: Aprire un conto bancario dedicato all'attività commerciale per separare le finanze personali da quelle aziendali.
- Assicurazione: Sottoscrivere le assicurazioni necessarie per proteggere l'attività, i dipendenti e i clienti. Questo può includere assicurazione sulla responsabilità civile, sui beni aziendali, ecc.
- Assunzione di Personale: Se l'attività prevede l'assunzione di dipendenti, è necessario informarsi sulle normative del lavoro, sui contratti di assunzione e sulla previdenza sociale.
- Conformità Fiscale e Contabile: Assicurarsi di comprendere e rispettare gli obblighi fiscali e contabili, che possono includere la presentazione di dichiarazioni dei redditi, IVA, contributi previdenziali, ecc.
- Apertura al Pubblico: Dopo aver completato tutti i passaggi sopra elencati, l'attività può ufficialmente aprire al pubblico.
È importante notare che questi passaggi possono variare notevolmente a seconda della legislazione locale e del tipo di attività commerciale. Si consiglia di consultare un consulente legale o un commercialista per guidare il processo e assicurarsi di rispettare tutte le normative locali.
Documentazione relativa alla super DIA
Come la DIA, la Super Dia è una sorta di dichiarazione autonoma che va consegnata in Comune e viene presentata da un professionista abilitato; essa ha validità di tre anni. In allegato al modulo della Super DIA andrà consegnata la documentazione, che varia spesso in base al tipo di intervento edilizio da compiere.
La differenza principale fra la Dia e la Super Dia è la qualità dei lavori che si intendono effettuare: la Dia è relativa ad operazioni che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano le destinazioni d'uso dell'immobile né la sua categoria edilizia. La certificazione “super”, invece, è il presupposto per tutte quelle operazioni più complesse che, invece, tendono a modificare le destinazioni d'uso, che modifichi il volume o le unità immobiliare dell'oggetto; ma anche degli interventi di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica se sono stati disciplinati da disposizioni comunali.
La Super Dia va consegnata 30 giorni prima dell'inizio dei lavori allo Sportello Unico per l'Edilizia del Comune dove si opera.
Accompagnano la Super Dia altri documenti:
- Una relazione dettagliata e tecnica dell'intervento (firmata da un professionista)
- Il progetto completo dell'opera
- Certificazioni e autorizzazioni di carattere urbanistico, d'igiene, ambientale, di sicurezza
- Dati relativi all'impresa che si occupa dei lavori con annessa la sua iscrizione alla Camera di commercio e l'autocertificazione relativa all'organico medio per anno
- Il Documento unico di regolarità contributiva ovvero la dichiarazione dell'impresa secondo la quale tutti gli obblighi nei confronti di Inps, Inail e Cassa Edile sono stati assolti.
Il Durc dev'essere richiesto da tutte le imprese edili attraverso consulenti o associazioni di settore, oppure anche per via telematica consultando il sito dello Sportello Unico Previdenziale o attraverso i portali dell'Inail, Inps o Cassa Edile.
Il documento viene inviato dalla Cassa Edile di appartenenza entro 30 giorni dalla richiesta se questa va a buon fine. In caso contrario, il Durc non verrà consegnato e l'impresa sarà costretto a perdere eventuali gare d'appalto e lavori anche in corso d'opera. Quest'eventualità si avvera quando, nel momento in cui viene controllata la posizione dell'azienda, vengono riscontrare irregolarità nei confronti degli enti citati. L'azienda sarà poi ovviamente obbligata a sanare la sua posizione.
Super Dia: costi e sanzioni
Le sanzioni della Super Dia sono le stesse di quelle previste per la DIA, ovvero quelle relative al Decreto Legislativo numero 380 del 2001. Riguardo ai costi la super Dia prevede il pagamento del contributo in costruzione, definito dalla Regione, e gli oneri di costruzione, stabiliti invece dal Comune.
Se l’immobile è soggetto a vincoli urbanistici, il termine di trenta giorni decorre dal rilascio della concessione emessa dall’ufficio di competenza. La Super Dia è infine applicabile ad opere regolate da piani attuativi comunali che stabiliscano determinate variazioni di piani e volumi dell’immobili; nonché precise tipologie edilizie e materiali da usare per la costruzione.
Gare d'appalto: una panoramica delle tipologie e categorie
Le gare d'appalto pubbliche in Italia sono suddivise in tre macroaree e numerose sottocategorie, rendendo il processo di partecipazione a volte complesso e difficile da comprendere. Per fare chiarezza, esploriamo le diverse tipologie e categorie di appalti pubblici nel paese:
- Tre macroaree: Gli appalti pubblici sono suddivisi in tre grandi categorie generali, ovvero Lavori e opere, Servizi e Forniture. Queste macroaree riguardano rispettivamente le attività di costruzione e manutenzione, i servizi di supporto per gli enti pubblici e l'acquisto di beni e materiali.
- Lavori e opere: Questa categoria comprende 52 sottocategorie, divise in 13 Opere Generali (codice OG) e 39 Opere Specializzate. Tra le opere generali troviamo edilizia civile e industriale, strade, restauri, fogne e acquedotti, mentre le opere specializzate riguardano scavi, arredo urbano, finiture, demolizioni, arginature e altre attività specifiche. Per partecipare a gare d'appalto in queste categorie, le imprese devono avere un'attestazione SOA.
- Servizi: La macroarea dei Servizi comprende 32 sotto tipologie, che vanno dai servizi più comuni, come pulizia, tesoreria e assicurazione, a quelli più specifici, come accalappiacani, allestimento di eventi, lavorazione delle carni e tappezzeria. Questi appalti riguardano la fornitura di servizi da parte di imprenditori o raggruppamenti di imprese per conto degli enti pubblici.
- Forniture: Questa categoria generale, con 58 sottocategorie, riguarda la consegna di beni mobili richiesti dagli enti pubblici per le loro funzioni. Gli appalti di forniture possono riguardare una vasta gamma di beni, dall'arredo urbano e la cancelleria a pasti, strumenti di misura, mezzi di trasporto e materiali sanitari.
In conclusione, le gare d'appalto pubbliche in Italia sono suddivise in tre macroaree e numerose sottocategorie, che coprono una vasta gamma di attività, servizi e forniture. Per partecipare a queste gare, le imprese devono comprendere le specifiche di ogni categoria e soddisfare i requisiti necessari.